Sezione archeologica del territorio
La sezione Archeologica del territorio si apre con l’età preistorica.
I primi reperti esposti rimandano alle fasi più antiche della vita dell’uomo nel territorio biellese a partire dal Paleolitico Medio. Da cacciatori e raccoglitori neandertaliani, vissuti nel biellese tra 120.000 e 35.000 anni fa, sono giunti a noi strumenti in selce utilizzati per lavorare legno e pelle.
I siti di provenienza dei reperti indicano le aree occupate da questi gruppi umani ubicabili nel comune di Masserano, presso le rive dei torrenti Ossola ed Osterla. Un reperto litico in quarzite su lama, rinvenuto nell’attuale parco della Burcina, attesta la comparsa dell’Homo sapiens sapiens nel Paleolitico Superiore (35.000 e 10.000 anni fa).
I progressi compiuti nella lavorazione della pietra in età Neolitica (6.000-3.500 a.C.) e nell’evoluzione dell’homo sapiens, che da cacciatore diventa allevatore e agricoltore, sono documentati dagli strumenti in pietra levigata. Sfruttando le eclogiti e le serpentiniti locali vennero prodotte asce che denunciano chiaramente la volontà da parte dell’homo sapiens di crearsi spazio tra le foreste a querceto al fine di potersi stabilizzare con proto insediamenti e pascoli. Le due asce in pietra levigata visibili nelle sale del Museo provengono dalla collina della Burcina e da Castelletto Cervo.
Il popolamento nel territorio biellese nell’età del Bronzo è documentato dai reperti e dalle ricostruzioni multimediali dell’insediamento palafitticolo di Viverone, sito di importanza fondamentale per la ricostruzione del modo di abitare protostorico dell’Italia settentrionale e scoperto grazie all’attività di archeologi sommozzatori. Dal 2011 è stato eletto sito Unesco e patrimonio dell’umanità. Questo villaggio fu il centro da cui, a partire dal XV secolo a.C., si diffusero a largo raggio stilemi decorativi peculiari, testimoniati nelle produzioni ceramiche.
Tale fenomeno risulta strettamente connesso all’attività metallurgiche che gradualmente soppiantarono in loco l’uso di utensili e armi in pietra e diffusero ad ampio raggio tecniche e stili grazie a spostamenti e contatti di artigiani metallurghi.
Accanto a reperti quali una matrice in pietra ollare e asce a margini rialzati di Viverone è esposta la ricostruzione di un forno metallurgico con manufatti attestanti le varie fasi di realizzazione attrezzi metallici prodotti della moderna archeologia sperimentale.
Un posto di spicco nell’esposizione occupa il noto pugnale in bronzo di tipo Montemerano, ulteriore testimonianza della fitta rete di scambi in XVIII- XVII secolo a.C tra aree centro-italiche, probabile zona di produzione, e europee. Costituisce per ora un unicum in Italia e si connota come arma di prestigio, eccezionale per dimensioni e fine decorazione della lama, trasmessa, attraverso il dono, tra i capi comunitari.
Le vetrine dedicate alle scoperte archeologiche nel Parco Naturale della Burcina, sito tra i comuni di Biella e Pollone, presentano un’efficace ricostruzione delle attività umane tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro. Le abitazioni, certamente in materiale deperibile non si sono conservate, ma attraverso i reperti archeologici è possibile documentare le attività praticate nell’abitato protostorico, quali le attività domestica della cottura e preparazione dei cibi attraverso i numerosi reperti ceramici caratterizzati da vari stilemi decorativi, ma soprattutto la filatura e tessitura praticata dalle donne e documentata da fusaiole e pesi da telaio. L’esposizione di una rara pintadera in terracotta, strumento tramite il quale era possibile decorare, con motivi spiraliformi, capi tessuti e pelli utilizzando pigmenti naturali e la ricostruzione di telaio verticale permettono di cogliere, anche da parte del visitatore meno esperto, gli aspetti di queste attività domestiche.
Sempre dalla Burcina è documentata la presenza umana nel Biellese nella media età del Ferro attraverso il famoso e discusso corredo di un personaggio maschile di rango vissuto intorno alla metà del V secolo a.C., ospitato all’interno di una vetrina che scenograficamente riporta al tumulo di pietre che caratterizzava le sepolture del periodo. I reperti del corredo, tutti in metallo, restituiscono un’immagine poliedrica del defunto: l’ascia e la cuspide di lancia in ferro dichiarano lo status di guerriero; la brocca a becco in bronzo di produzione etrusca, nota come Schnabelkanne, è legata al consumo del vino, mentre la catena di sospensione di un calderone e gli spiedi ripiegati rimandano al dovere aristocratico dell’ospitalità. Diversamente, la sgorbia, la lima e gli scalpelli, riportano alla lavorazione del legno. Il defunto della Burcina potrebbe essere verosimilmente stato un personaggio appartenuto all’élite della sua comunità ma con un forte legame con l’artigianato del legno.
Lago di Viverone (BI).
Reperti ceramici, asce in bronzo, strumenti in pietra dal villaggio palafitticolo dell’età del Bronzo di Viverone.
Veduta generale con vetrine dell’età del Bronzo e ricostruzione sperimentale di un telaio verticale antico.
Burcina, corredo tombale.
Veduta della ricostruzione della tomba della Burcina e in primo piano la brocca a becco (Schnabelkanne) in bronzo facente parte del corredo esposto (V secolo a.C.).
La prima vetrina con reperti in pietra scheggiata e levigata e calchi risalenti al Paleolitico Medio e al Neolitico, da vari siti del territorio biellese.
Biella, Parco della Burcina.
BROCCA A BECCO (Schnabelkanne) in bronzo di produzione etrsca, da contesto tombale di V secolo a.C.
Parco naturale della Burcina.
La PINTADERA, strumento in terracotta utilizzato per tingere stoffe e pelli, proveniente dagli scavi dell’abitato protostorico della Burcina (età del Bronzo – età del Ferro).
Le tappe della Romanizzazione del territorio Biellese sono documentate dai reperti provenienti dal terrazzo della Bessa oggi “Riserva naturale speciale”. Questo peculiare comprensorio minerario antico era, secondo le fonti, già sfruttato dai Salassi soppiantati, dalla metà del II secolo a.C., dai Romani che tramite pubblici appaltatori ricavavano l’oro, proveniente da giacimenti primari dei versanti valdostani del Monte Rosa e sfruttavano le popolazioni locali.
Supporti multimediali aiutano il visitatore a comprendere i contesti la formazione geologica e le tipologie abitative, mettendo in collegamento l’economia di sfruttamento aurifero con i materiali rinvenuti nei villaggi della miniera.
Tra i reperti spiccano oggetti di abbigliamento (fibule in ferro) e vasellame ceramico che tradiscono l’origine locale-celtica dei lavoranti, accanto a prodotti di chiara provenienza romana, soprattutto lucerne e anfore da olio e vino di produzione brindisina, sconosciute nel territorio prima dell’avvento romano.
Oggetti in ferro delle capanne (chiavi) e del lavoro nella miniera a cielo aperto (picconi) testimoniano l’attività metallurgica locale (incudini e masselli in piombo).
Particolare risalto è stato dato nel nuovo allestimento al ripostiglio di denari e vittoriati in argento (video) per l’eccezionalità del rinvenimento nel contesto abitativo e produttivo.
Il commento dell'archeologa (video)
I materiali esposti trovano continuità culturale con i reperti più antichi della necropoli di Cerrione, a dimostrazione dell’appartenenza allo stesso bacino culturale che un noto passo di Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) legava al medesimo comprensorio del villaggio di Victimulae, identificato nell’attuale centro di Salussola. Sono esposti i contesti tombali più antichi della necropoli di Cerrione (I secolo a.C.) (video), coevi allo sfruttamento delle miniere; il quadro percepibile è quello di una popolazione locale, in progressiva integrazione con l’elemento romano, ma dotata di armi, costumi (vasi per il vino, a trottola) e lingua ancora di tradizione celtica, come ben attestano le imponenti lapidi in alfabeto leponzio.
Panoramica dell’area espositiva dei reperti dagli scavi delle miniere romane della Bessa e sullo sfondo le lapidi in alfabeto leponzio della necropoli di Cerrione (II – I secolo a.C.)
Panoramica dell’area espositiva della tomba della Burcina (V secolo a.C., a sinistra) e della vetrina (a sinistra) sulla Bessa romana (II-I secolo a.C.), con proiezione didattica a muro sopra la vetrina.
Bessa, Riserva Naturale Speciale.
Reperti ceramici provenienti dagli scavi dei “villaggi” di minatori della miniera d’oro attestanti la vita quotidiana sulla Bessa romana (II – I secolo a.C.).
Cerrione (BI), necropoli di cascina Vignazza.
Reperti dai corredi più antichi della necropoli con ceramica, ornamenti in metallo e UMBONE DI SCUDO (in alto a destra). Metà I secolo a.C.
La compiuta romanizzazione del territorio biellese entro la fine del I secolo a.C. è segnata da una fitta occupazione di natura pagano-vacanica (villaggi sparsi intorno a centri di aggregazione) testimoniati per ora dai soli nuclei delle rispettive necropoli, tra cui ampio spazio occupano i due grandi complessi di Cerrione e Biella-via Cavour (video).
La necropoli di Cerrione costituisce, allo stato attuale delle conoscenze, un unicum nel panorama non solo dell’Italia settentrionale romana, grazie all’eccezionale numero di segnacoli tombali iscritti, in alfabeto leponzio prima e latino poi, associati a contesti funerari.
Frequentata per oltre quattro secoli (I secolo a.C. – III secolo d.C.), ci permette di ricostruire attraverso i numerosi reperti dei corredi esposti –anfore usate come cinerario, splendidi vetri, collane in ambra (video), anelli e utensili – la storia economica di una piccola comunità agricola in cui, l’importanza della scrittura scolpita nella pietra evidenzia una lunga serie di relazioni parentali e ci permette di ricostruire la genealogia di intere famiglie, come quella dei Farsulei, raccontate attraverso le voci degli stessi protagonisti in una suggestiva cornice ricostruttiva della collina su cui sorse la necropoli.
Sempre collegato al territorio dei Victimuli il comprensorio di Salussola e della Bessa di età romano-imperiale si configura come il più intensamente popolato dell’area. Mancano ancora i dati per una localizzazione certa del suo centro vicanale, ma la sua funzione di importante centro amministrativo romano emerge sia dalla prestigiosa lastra del cosiddetto ponderarium (video), esposta al pubblico per la prima volta dopo il rinvenimento, sia da una serie di are votive ed epigrafi con menzione di autorità civili municipali.
La presenza di aree di culto, finora archeologicamente non note, presso l’attuale centro di Biella e nel territorio, è evidenziata dalle numerose epigrafi votive esposte con dediche a divinità del pantheon romano quali Diana e Giove, o attestanti la presenza di culti imperiali come quella della sacerdotessa Marcellina proveniente dalla Rotonda di San Eusebio.
La vasta necropoli scavata negli anni Cinquanta in via Cavour a Biella dimostra l’esistenza di un vicino centro abitato per oltre quattro secoli (metà I – V secolo d.C.): molti corredi erano già presenti nel nucleo storico del Museo Civico e nell’allestimento del 2004 ma la nuova esposizione, organizzata per tematiche – riti funerari, ornamenti, vetri, culti domestici – pur rispettando i contesti funerari e conservando la ricostruzione di una particolare struttura tombale in laterizi, esalta tanto la rarità di singoli oggetti e dei numerosi corredi, quanto la peculiarità di produzioni particolarmente amate nel biellese romano, come le numerose statuette fittili di divinità del pantheon romano (video), che attestano iconografie per ora uniche nel mondo romano.
Sala della necropoli di Cerrione.
Panoramica della sala con la ricostruzione della collina su cui sorse la necropoli romana di Cerrione, con le steli della numerosa famiglia dei Farsulei, che raccontano al visitatore la propria storia attraverso una coinvolgente esperienza auditiva.
Stele, cippi e testimonianze epigrafiche romane dalla zona di Salussola e Dorzano tra cui spicca la lunga epigrafe detta "PONDERARIUM", attestazione di un edifico pubblico dei pesi e delle misure forse legato ancora all’oro della Bessa.
Cerrione, necropoli romana, corredo della tomba 66 (20-70 d.C.) .
Le ossa combuste del defunto erano deposte nell’anfora segata appositamente per diventare un cinerario e accompagnate da oggetti di valore, quale la raffinata OLPE in vetro blu.
Biella, via Cavour, necropoli romana, corredo della tomba 284 (ultimo quarto I secolo d.C.).
Le ossa combuste della defunta erano deposte nella preziosa anfora in vetro; balsamari vitrei e uno specchio accompagnavano nell’aldilà l’estinta, forse madre amorevole, come sembrerebbe attestare la statuetta fittile presente nel corredo.
Biella, via Cavour, necropoli romana.
Scelta di STATUETTE IN TERRACOTTA, provenienti da corredi diversi e rappresentanti svariate divinità del pantheon romano (I-II secolo d.C.).
Cerrione, necropoli romana.
OLPI e ANFORETTA in raffinato vetro blu da corredi diversi (I – II secolo d.C.).
Biella, necropoli di via Cavour, T. 44/45.
STATUETTA IN TERRACOTTA della dea Minerva, offerta proveniente dalle terre di rogo in una deposizione femminile (seconda metà I- primo quarto II secolo d.C.).
La sezione medievale costituisce una novità del nuovo allestimento e, organizzata per grandi isole tematiche, documenta importanti complessi archeologici emersi da anni di attività archeologica sul territorio e la città di Biella.
L’affermarsi del cristianesimo evidenzia il passaggio dalla tarda età romana al medioevo: l’evoluzione del costume funerario, riproposto con suggestive ricostruzioni tombali, e i cambiamenti nel culto, esemplificati dallo scavo della chiesa paleocristiana di Dorzano, fanno percepire al visitatore l’impianto di un’articolazione cristiana stabile e articolata, evidente segno di cambiamenti profondi visibili anche nel passaggio, in campagna, da un modo di abitare di tipo sparso ad uno accentrato intorno alla chiesa battesimale, vero centro di cura d’anime.
Dalle importanti attestazioni di epoca longobarda testimoniate da reperti dal centro cittadino, segue il nucleo episcopale di Bugella riproposto nei suoi momenti fondamentali mediante un supporto multimediale, mentre ricostruzioni grafiche accompagnano la documentazione materiale – armi, ramponi e oggetti d’abbigliamento in ferro – proveniente dalle alture biellesi in cui si consumò lo scontro, conclusosi nel 1306-1307, tra la chiesa ufficiale e l’eresia dolciniana.
La vita nei castelli e nelle fortificazioni, segno del potere e del controllo sul territorio di signori laici ed ecclesiastici è efficacemente presentata con l’esposizione di suppellettili rinvenuti negli scavi e affiancata da dettagliati disegni che ne sottolineano alcuni momenti salienti.
I lavori di restauro e rifunzionalizzazione del complesso di San Sebastiano, attuale sede del museo, e di palazzo Lamarmora sul Piazzo hanno consentito il recupero di importanti materiali – come il ripostiglio di monete d’argento cinquecentesche, ceramiche da mensa e documenti della vita monastica – che chiudono idealmente il percorso espositivo sulla città di Biella fino alla modernità rappresentata, ancora una volta, da prodotti di attività artigianali come le manifatture delle ceramiche note come “bielline”.
Il commento dell'archeologa (video)
CERAMICHE MEDIEVALI rinvenute durante gli scavi di palazzo Lamarmora, sulla collina del Piazzo
Strumenti e armi legati alle vicende dolciniane (inizio XIV secolo) e reperti rinvenuti a Castelletto Cervo (XIV-XVI secolo)
Il forte legame che dalla preistoria ha unito la popolazione del territorio biellese alla montagna trova riscontro nella suggestiva saletta, al cui ingresso il visitatore si trova collocato tra i profili ideali dei principali rilievi che caratterizzano lo skyline del territorio ed in cui si aprono spiragli, suggeriti da supporti multimediali, verso l’ambiente naturale montano antropizzato.
L’importante traccia lasciata dall’uomo nell’antichità, segnando in modo indelebile la propria presenza sul territorio, è qui approfondita attraverso l’esposizione e l’analisi del fenomeno delle incisioni rupestri, evidenziando la profonda conoscenza e lo stretto legame, anche spirituale, che già l’uomo pre-protostorico aveva con il proprio territorio.
Tra i reperti spiccano il blocco con incisioni antropomorfe da Castelletto Cervo, scolpito in sienite della Balma, datato dal Neolitico Finale all’antica età del Bronzo e il blocco con incisione a coltello rinvenuto presso la Trappa di Sordevolo, la cui raffigurazione può essere interpretata come offerta simbolica dell’oggetto rappresentato, forse a scopo propiziatorio.
Per le incisioni della Bessa, inamovibili dalla loro collocazione, la saletta offre, attraverso suggestivi filmati, un invito alla conoscenza diretta sul territorio, attuando così compiutamente il mandato del Museo del Territorio Biellese.
Una moneta romana (asse) dal Lago della Vecchia e riproduzioni di utensili in ferro da Oropa, completano il quadro dei numerosi luoghi montani a cui l’uomo nei secoli ha conferito un forte valore spirituale.
Il commento dell'archeologa (video)